Immaginate Giambattista Basile in
groppa al suo ronzino che se ne va scorrazzando per i nostri Casali tra i
boschi e le selve cui, sicuramente, contribuirono alla creazione del suo mondo
fantastico. L’immenso mare di verde sottostante la collina dei Camaldoli e i
remoti anfratti furono, probabilmente, lo scenario in cui, il Basile, incastonò
le sue perle fiabesche: spianando così la strada alla favola moderna. La data e
il luogo di nascita, da sempre incerto, dell’autore de “Lo Cunto de li cunti” è
stata determinata in seguito al ritrovamento di un documento, nel quale risulta
che Gian Alesio Abbattutis ovvero Giambattista Basile ebbe i natali nella
cinquecentesca Giugliano il 25 febbraio 1566. Come ce ne riferisce Emmanuele
Coppola nel suo “Giambattista Basile nacque a Giugliano nel 1566” , pubblicato nel 1985.
Il Basile, forse, spinto dall’amore per l’avventura, nel primo decennio del
1600, si arruolò nell’esercito della repubblica veneziana di stanza a Creta. In
Italia, invece, fu al servizio delle corti di Acerenza, Avellino, Napoli e
Mantova. A Mantova, al servizio della corte ducale di Vincenzo Gonzaga, vi
lavorò anche la sorella Adriana, la quale fu una cantante richiestissima e
molte delle opere da lei cantate, tra cui i madrigali, furono scritte da
Giambattista e musicate, forse, dal fratello Donato. Il Basile fu membro
dell’Accademia degli Oziosi diretta da Giambattista Manso, biografo di Torquato
Tasso, e di quella degli Stravaganti. L’illustre letterato fu, per conto
dell’amministrazione vicereale, governatore di Avellino nel 1619, dal 1621 al 1622 in Basilicata, nel
1626 ad Aversa; nel 1631 divenne governatore di Giugliano, su nomina del duca Galeazzo
Pinelli. Il suo amore viscerale per la letteratura lo impegnò al componimento
di diverse opere, tra le quali: “Smorza crudel Amore” Villanella, messa in musica e pubblicata da
Giovan Domenico Montella nel 1605; “Il pianto della vergine” (1608)
raccolte di madrigali e ode; “Ritratti delle più belle dame napolitane
ritratte da' lor propri nomi in tanti anagrammi”; “Le avventurose disavventure” 1613. L 'opera, postuma del
1635, le egloghe delle “Muse napoletane”. “La Venere addolorata,
un dramma per musica in cinque atti; ed infine “Lo trattenimento de’ peccerille” detto anche Pentamerone, in quanto la costruzione narrativa ha una struttura
simile a quella boccacciana del Decamerone. I racconti in esso contenuti sono
senz’altro attinti dalla tradizione popolare ma magistralmente elaborati. Il
mondo fantastico del “Lo Cunto de li cunti” ispirò le fiabe del francese
Charles Perrault, il quale nel 1697 pubblicò i Racconti di mamma Oca ,
nella cui raccolta vi era la fiaba di “Cenerentola” e quella de “La bella
addormentata nel bosco”. Senza tralasciare quelle tedesche dei fratelli Jacob e Wilhelm Grimm nell’ottocento: i quali
crearono, o meglio ancora svilupparono l’inossidabile “Biancaneve e i sette
nani”. La topografia che evince da alcuni racconti del Pentamerone riguarda senz’altro il nostro territorio oltre ad
altrettante zone di Napoli. Il racconto di “Mortella” è ambientato nell’antico
casale di Miano; quello di “Peruonto”
nella paludosa Casoria e in quello delle “tre fate” è citata Panicocoli. Mentre
in Cagliuso è menzionata Melito, precisamente le cinque vie. Nel racconto dal
titolo “Il mercante” il Basile fa fare una sosta, al protagonista, nella
“Taverna del Pisciaturo”. Il luogo è palesemente riportato da diverse carte
topografiche. Una risale al 1793 e attesta che tale posto ricadeva nel
territorio di Mugnano, sull’antica strada che conduceva a Chiaiano e Piscinola.
La storia narra che un certo “Cienzo
rompe la testa ad un figlio del re di Napoli, durante una sassaiola, e per
questo è costretto a fuggire dalla sua città. Saputo che la figlia del re di
Perditesta è nelle grinfie di un dragone lo uccide e libera la fanciulla, che
dopo mille peripezie la sposa; ma affatturato da una femmina, è liberato dal
fratello, che, dopo averlo ucciso per gelosia, scopre innocente e con una certa
erba lo fa tornare in vita”. Quindi potremmo asserire che le fiabe
dell’illustre Basile, anche se con un velo di dubbio, in parte sono nate nel nostro territorio per lo meno il paesaggio ha contribuito alla costruzione del
mondo fantastico del padre della favola. L’opera de “Lo cunto de li cunti” fu data alle stampe, dalla sorella Adriana, nel 1634 a due anni dalla scomparsa dell’illustre
giuglianese.
(Foto sopra: tratta dal sito "Laboratorio Stabile di Teatro, Brochure della rappresentazione "La gatta Cenerentola")
testo di Carmine Cecere
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