Mugnano e il cinema


Sul Boulevard des Capucines di Parigi, il 28 dicembre del 1895, i fratelli Lumiere proiettarono il loro primo film dal titolo “L’arroseur arrosè”. L’epocale evento si diffuse in un battibaleno in tutta Europa e l’Italia non fu da meno. Ardimentosi imprenditori e non colsero al volo la nuova tecnologia ed in molte città, come nei nostri casali, si allestirono le prime rudimentali sale cinematografiche. Il fenomeno sconvolse ogni ceto sociale, influenzando cultura e costumi di molte realtà. Un esempio ce lo dà “Nuovo Cinema Paradiso” del 1988, il cui regista Giuseppe Tornatore sottolinea, infatti, il fascino che il cinema ebbe soprattutto su i più giovani. Come lo stesso “L’uomo delle stelle” del 1995, firmato sempre da Tornatore, il cui protagonista, Joe Morelli interpretato da Sergio Castellitto, in giro nell’entroterra siciliano durante gli anni ’50 con l’incanto del cinema illudeva la povera gente promettendo un futuro da star. Durante tutto il 1913 in Italia si produssero circa 500 film, mentre negli anni ’20 le sale italiane furono conquistate dalle pellicole dell’eroe Maciste. A Mugnano il cinema muto esplode con Ridolini, Charlot e tutte le altre comiche americane nella sala cinematografica ubicata nei locali dove oggi vi è il Banco di Napoli. A gestirla vi fu un personaggio alquanto eclettico, Francesco Romano, da tutti conosciuto come “Ciccio ‘o cuntrollo”, in quanto impiegato nell’azienda Tramviaria napoletana. Bisnonno di Salvatore Ruggiero (tabaccaio di Via Diaz), l’uomo, nacque a Napoli nel 1873 ma visse la sua vita interamente a Mugnano dove morì e tuttora riposa dagli anni ‘40. Appassionato di poesia fu autore di diversi componimenti in dialetto. Infatti il culmine della sua vena artistica lo raggiunge quando i versi del brano “Currente elettrica” furono musicati dal grande E.A.Mario. Dalla copertina della partitura del brano traiamo la recensione con la quale lo si innalzava al rango di scrittore genuino, nel rispetto della classica scuola napoletana. “…La mortificante uniformità dello spirito animatore della canzone è diventato un luogo comune pei monatti della bella tradizione partenopea, alla quale purtroppo, in virtù di quel luogo comune, comunissimo, nessuno dà più soverchia importanza. Eppure, proprio ora che i capricci della moda americana tendono più o meno ad intisichire la flora delle canzoni nostrane, Francesco Romano rimane un produttore invidiabile della bella schiera dei tempi preistorici, e chiamo tempi preistorici quelli di un trentennio addietro. La canzone genuina di Francesco Romano si riallaccia a quella di Pasquale Cinquegrana, del quale parrebbe un figliuolo se non gli fosse quasi coetaneo. Ed è questa una delle principali caratteristiche del fenomeno Romano: il poeta d’oggi, che contrasta con quello che nei suoi begli anni cantava al vento senza trovare un musicista che lo capisse, è un po’ come il Giulio Orini giovanissimo che nacque dall’alveo intellettuale di Domenico Gnoli. Altre mode, queste che valgono più di quella che intisichisce la canzone: l’estro che rimane giovine a dispetto dell’età, proprio come si dice del cuore. Ma questo parallelismo con la patria letteratura esiste, e, quando è occasionale, dimostra che le linfe della canzone non sono poi così ignobili”. Dal muto, poi, si passò al sonoro, le tecniche migliorarono e nuove sale sostituirono quella del Romano. All'interno del palazzo de Magistris sorse il cinema "Verdi", conosciuto da tutti come " 'o cellariello", oppure " 'o cinema viecchio" il cui proprietario si chiamava Ugo, detto Ugariello e gridato da tutta la sala ogni qualvolta la pellicola si bloccava e lui era lontano dal proiettore a chiacchierare con la moglie. Leopoldo Apa, di Marano, deceduto nei primi mesi del 2014, conduceva il "Cinema Iris" apostrofato come " 'o cinema nuovo" e ancora " ' o cinema areto 'o campanaro" insieme alla sua consorte e con la collaborazione di Vincenzo Fabozzi il quale con tutto il suo nucleo familiare risiedeva all'interno della grossa struttura e che a sua volta era aiutato dai figli Ettore e Nicola. Quest'ultimo era mio amico e compagno di banco e pertanto, spesso, insieme, ci guardavamo da dietro il grande schermo i film di prima visone che erano i soliti film pseudo storici o volgarmente detti " 'e film de romani". Lo scomparsa di queste sale avvenne con l'avvento dei videoregistratori; e con il passare degli anni la sala "Iris" divenne il centro polidiagnostico "Ippocrate"; mentre il mitico "cellariello" è diventato, se non erriamo, un deposito o box auto, da quanto abbiamo potuto intuire.

Ingresso del cinema Nuovo o Iris
Oggi al suo posto c'è il centro polispecialistico
Ippocrate 


testi di Carmine Cecere 

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