Edicole votive

Nelle mie frequenti escursioni per le strade e nei vicoli del centro storico del paesello in cui vivo, mentre la gente mi sfiora frettolosa tra i roboanti rumori di auto e motorini sfreccianti, incuranti di tutti e di tutto, io mi diletto ad osservare il tufo eroso delle pietre dei pochi palazzi antichi che ancora resistono al logorio del tempo. Con doverosa attenzione osservo i grossi portoni dal legno quasi allo stremo della loro esistenza; e immagino calessi e carrette trainate da cavalli che li varcano all’imbrunire, durante il tempo della vendemmia, quando un mondo che non c’è più rincasa dopo una giornata intensa di lavoro. Ultimamente però sono attratto dalle tante edicole votive disseminate in ogni piccolo anfratto. Ce ne sono di tutti i tipi, di misure diverse e dai diversi e fantasiosi ornamenti. Moltissime però in totale stato di abbandono, in parecchi casi attaccate da umidità e muffe e dove le immagini, nitide un tempo, oggi sono quasi cancellate. Curate e riverite dai nostri antenati, specialmente nelle ricorrenze, le si ornavano di fiori e di lampade ad olio e nel vicolo, oltre alla cerimonia religiosa, si svolgevano chiassose manifestazioni festivaliere. L'epoca della diffusa ed intensa realizzazione delle edicole votive risale sicuramente ai secoli scorsi anche se affonda le radici nell'antichità, a partire dalla religione greca e più avanti ancora a quella dei "culti ellenistici". L’edificazione delle edicole, “dal latino aedicula, diminutivo di aedes ("tempio") e dunque con il significato originario di tempietto”, veniva quasi sempre effettuata dal popolo; tali opere venivano commissionate ad artisti e artigiani del luogo da parte di fedeli che, in seguito a una grazia o per devozione, mostravano la propria riconoscenza. Di solito venivano costruite sulle facciate dei palazzi, poste in un angolo o all'interno degli stessi. Molte erano affrescate, diverse maiolicate e molte altre composte da bellissimi mosaici. A volte nascevano vere e proprie gare, la strada o il vicolo tutto si mobilitava affinché l’edicola voluta fosse la più bella, esteticamente parlando, ed in qualche modo, poi questa, li rappresentasse. Nel centro storico mugnanese vi sono alcune molto antiche che resistono sia al tempo che all’indifferenza dell’uomo, come quella di palazzo Chianese - Capecelatro in Piazza Dante ('nmiezo 'o llario), dove è raffigurata la Madonna della Pietà, la cui immagine, quasi alla totale disintegrazione, è stata ristrutturata con i lavori iniziati nel 2012 dal maestro Francesco Troncone (foto sopra); invece quella all'ingresso della chiesa di Santa Maria Assunta, nell'ambito della ristrutturazione dell'intera chiesa eseguita nel 2014, è stata lasciata così com'era e su quella esistente è stato sovrapposta una stampa, raffigurante, ovviamente, sempre la Vergine che ascende in cielo, seppur un tantino differente dall'originale. Inoltre, vi è quella di Via Colombo nel borgo di San Giovanni a Carpignano, dove è raffigurato San Biagio che è intento ad ungere la gola di una bambina. I tempi sono cambiati e sembra cambiato anche il modo di essere credenti e quindi di edicole votive se ne vedono sempre meno; eccezion fatta negli ultimi tempi, quando è scoppiata la passione per il santo di Pietrelcina. È difficile tracciare, oggi, una mappa di tale patrimonio, anche se i nostri comuni ne sono pieni, purtroppo, questa risorsa culturale è destinata a sparire a meno che qualche nostrano appassionato di storia locale, un giorno, non decida di andarsene per vicoli e vicoletti “alla ricerca delle edicole perdute”; ovvero alla ricerca di quella espressione di fede che era ed è un patrimonio inestimabile lasciatoci dai nostri antenati, ormai souvenir di un lontanissimo passato. Ricordo con piacere un piccolo aneddoto di quando ero piccolo e mia nonna mi accompagnava a scuola, allora frequentavo le elementari. All’ingresso della strada dove abitavo, vi era una graziosa edicola nella quale era raffigurata la Madonna del Carmine. Puntualmente, ogni mattina, passando davanti alla sacra immagine, la nonna mi invitava a salutarla dicendomi: «Saluta ‘a Madonna». Ed io agitando una manina esclamavo: «Ciao!». Ma lei contrariata ribatteva: «Azz! Si tuosto, ti ‘afà ‘o segno da croce».

testi di Carmine Cecere

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