L'antica Pineta

Nell’antichità l’alveo dei Camaldoli riversava le proprie acque nella pianura sottostante, irrorando i campi dei Comuni a nord di Napoli, rendendoli, così, rigogliosi e fertili; anche se spesso, nei periodi in cui la pioggia era incessante, era causa di gravi allagamenti. A riguardo, il Barleri nel suo “Marano, tra dominazioni e rivolte” , narra infatti che nel 1686  in seguito ad un violento temporale le acque che dalla collina dei Camaldoli si riversarono nella pianura sottostante travolsero il casale di Marano e gli altri casali vicini, causando diversi danni a cose e a persone; difatti, un giovane maranese travolto dalla furia delle acque fu trovato cadavere nelle campagne di Mugnano. Nel 1817, durante il dominio borbonico, furono previsti diversi accorgimenti, tra cui la rettifica del corso del torrente atta a debellare il problema che continuamente causava proteste da parte della popolazione e soprattutto dei contadini. In Campania, con l’avvento dell’unità d’Italia, vennero effettuate una serie di bonifiche, tra le tante quella dei regi lagni; quella dell’alveo dei Camaldoli, invece, avvenne solo dopo il 1864. Le sponde del lagno furono rinforzate e inalveate, e su di esse furono piantati centinaia di pini. Il Reverendo prof. Francesco Gargiulo, cultore di storia locale, nel suo libro “Mugnano di Napoli, fra storia e tradizioni”, ci fa rivivere un momento alquanto storico, considerato in quali condizioni versa oggi quel luogo. “...Il mercoledì delle Ceneri molta gente si recava nella Pineta a consumare nella più spontanea e umoristica allegria le frugali merende in piccoli gruppi lungo le sponde del Lagno, vuotando fiaschi di vino al suono di nacchere e di tamburi…”. Quando lessi questi versi, nei lontani anni ottanta, scattò in me una voglia irrefrenabile di sapere e di reperire quanto più materiale possibile, soprattutto quello fotografico. Ricordo che da giovincello, insieme ai miei coetanei si andava a giocare sul lagno, ignari di ciò che era stato quel luogo per i nostri antenati; per noi invece era solo un fosso puzzolente da saltare. Infatti, le gare che facevamo consistevano nel lanciarci da una sponda all’altra col rischio di cadere in quelle acque putride. La salubre pineta dei tempi che furono è stata anche scenario incantevole per le giovani coppie di sposi e per le scampagnate domenicali di intere famiglie nella quale portare i propri piccoli a respirare aria fresca e pura. La favola, però, viene distrutta sul finire degli anni sessanta, quando quel patrimonio di verde fu interamente saccheggiato; il corso del lagno, da Marano a Qualiano, venne completamente disboscato. In seguito la vicenda, per qualche decennio, intraprese il contorto cammino nelle aule dei tribunali, in cerca di chi e perché mai quello scempio. Nel programma di governo, dell’attuale amministrazione, nella zona era previsto un progetto di riqualificazione; il cui progetto consisteva “nell’ irreggimentare le acque, con la creazione di canalette e gronde, la
profilatura dei versanti, mediante terrazzamenti, accompagnando il tutto con una serie di interventi di ingegneria naturalistica, quali la piantumazione di piante, tesi a ridurre i fenomeni erosivi. Inoltre era previsto la ricostruzione degli argini crollati. A completamento dell’opera, sulle sponde del canale, sarebbe sorto il parco con percorsi pedonali e piste ciclabili; nonché infrastrutture per il tempo libero e lo sport: un campo di calcetto, campi di bocce e attrezzature per il ritrovo della terza età; giochi per i bambini; un campo di pattinaggio ed uno da tennis con annessi servizi ; un percorso di bici-cross. E' anche la creazione di giardini tematici con la piantumazione di peschi, noci, ciliegi, pruni e cachi”. Troppa grazia, San Gennà! Ma poi tra il dire e il fare c’è dimezzo il mare, e di tutto quello che era stato previsto, dal sindaco Palumbo, a noi sarebbero bastati solo gli alberi come vi erano una volta e come il Comune di Calvizzano ha ovviato allo squallore negli anni scorsi lungo il tratto che lo lambisce.

Sposi Giuseppina Chianese e Gabriele Palumbo,
foto anni '60


Settimanale "Provincia Oggi" 2006 



testi di Carmine Cecere 

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