Antiche taverne e cantine


I luoghi di aggregazione sociale di un tempo consistevano in bettole, cantine e taverne di ogni genere. Essi accoglievano uomini di ogni ceto sociale: mercanti, soldati di ventura, saltimbanchi, artisti, gente di mare e avventori di ogni specie. Il cinema e la letteratura ce li hanno sempre mostrati come templi di perdizione, anfratti del malaffare. Anche Giambattista Basile (1566-1632) era un assiduo frequentatore delle taverne napoletane e di quelle più famose del nostro territorio, ed è probabile che in molte di queste siano nate alcune delle sue fiabe. Difatti, Cienzo, il protagonista di una sua novella, scappando dalle grinfie del re di Napoli, fa una sosta nella Taverna del “Pisciaturo”; locale situato nel territorio di Mugnano, sull’antica strada che conduceva a Chiaiano e Piscinola e, da qui, a Napoli. Ciò è testimoniato da diverse carte, una risale al 1793. Molti di questi locali sorsero su arterie di collegamento con lo stesso scopo dei nostri moderni Autogrill, e cioè quello di permettere ai viandanti di rifocillarsi, di pernottare e di effettuare riparazioni ai carri, nonché il cambio dei cavalli qualora fosse stato necessario, fungendo, in qualche modo, da stazioni di sosta. Una delle antiche taverne più famose di Napoli è quella del Cerriglio, ubicata tra Piazzetta di Porto ed il vicolo di Santa Maria la Nova. Detta taverna era il luogo in cui convergevano nobili e popolino, crocevia di prostitute e artisti assetati di ispirazioni; fu frequentata dallo stesso Basile, da Giambattista del Tufo, da Giulio Cesare Cortese, nonché dal Manso, biografo di Torquato Tasso. Si narra che vi soggiornò addirittura il Caravaggio. Della taverna del “Pisciaturo” e del “Cerriglio” ce ne parla anche Salvatore Di Giacomo in un suo scritto pubblicato negli anni venti. Dall’Archivio storico del Comune di Mugnano, precisamente nei registri delle delibere della Giunta del 1901, sono riportate le richieste di concessione di apertura di taverne e cantine e depositi daziari di vini. In quell’anno furono concesse sei licenze e i beneficiari risultano i seguenti: Riccio Aniello di Vincenzo; Chianese Lorenzo, per deposito e vendita al minuto; Chianese Gennaro fu Vincenzo, apertura di cantina; Zingarelli Angela Gelsomina, apertura di cantina in un pagliaio di sua proprietà sito nel fondo denominato Bosco; De Lorenzo Arturo, apertura deposito di vini alla Via S. Aniello n°22; Basile Giuliano di Gaetano, apertura di cantina con l’esercizio dei giuochi leciti, nel fondo da lui coltivato denominato Pozzillo. Negli anni venti, in Via Torre 42, vi era "La Grotta dei Briganti" o cantina della Parrucchiana (foto sopra). Ancora esistente, seppur non più aperta al pubblico, è la cantina con campi di bocce de “’O Maletaro”, sita in Via Manzoni, come pure quella, ormai chiusa, di Peppe 'A Saraca. Sul finire degli anni sessanta chiude anche la taverna o trattoria che dirsi volgia dei Chianese, ubicata in Via Napoli dove un tempo, proprio davanti l'uscio, sfrecciava il tram che collegava Mugnano con il capoluogo, denominata Trattaoria "Pisciuolo" (foto sotto), soprannome del capostipite Biagio Chianese. Rinomata e storica è anche quella de " 'o Cancellino", sita tra il bivio e la strada che dà verso Marano. Un’altra, alquanto rinomata e antica, da ricordare è quella di don Lucio e Peppe de Magistris, posta all’interno dell’omonimo palazzo sito in Piazza Dante (‘nmiezo ‘o llario), diventata poi pizzeria negli anni settanta-ottanta e chiusa nel corso degli stessi. Da queste scarne righe evince un mondo particolare, un mondo rustico direi, alquanto suggestivo: un mondo che è un patrimonio di rimembranze, appartenente, purtroppo, solo alle persone anziane. Fortuna però che ci sono persone con doti di spiccata sensibilità, desiderose di sapere e allo stesso modo di far conoscere: come il giornalista Emmanuele Coppola, giuglianese, il quale nel 2000 da alle stampe il capolavoro storiografico, nonché documentaristico “Giugliano anni cinquanta” edito da Escuela. Al capitolo quarto del saggio vi è, in forma alquanto esaustiva, l’argomento da noi trattato ed una carrellata delle cantine
più rinomate tra le quali ‘O pisciaiuolo e quella denominata ‘O fussetiello, quest’ultima (si trovava in fondo l'attuale Via 4 martiri, dove ora c'è la pallazzina dello stesso proprietrio) sparita del tutto agli inizi degli anni novanta. Concludendo vi saluto con dei versi di Di Giacomo. «Taverna del Cerriglio a te, ca mmiez’ a provole e presotte e a ‘nzerte d’aglie, sott’ ‘e ttrave appese, a ‘na tavula toia, ‘nnanz’ a ddoie votte, mo vediste Basile e mo Curtese…».

testo di Carmine Cecere

Nessun commento:

Posta un commento